In preda a riflessioni sovversive
Al ritorno dal lavoro i pensieri si aggrovigliano intorno a quello che sta succedendo in Italia e nel mondo.
Alla radio ascolto scenari inquietanti, come prevedere anche solo l’idea della vaccinazione obbligatoria (peraltro scongiurata nel momento in cui scrivo), la promozione ridicola della moneta elettronica attraverso la lotteria degli scontrini e i maledetti numeri della malattia divulgati sempre in una forma deprimente e senza approfondimenti adeguati.
Veloci e faziosi proclami che mi riportano a immagini di un futuro inquietante: controllato, guidato e manipolato da poteri superiori che comunicano a individui adulti come fossero bambini ritardati.
Fonti autorevoli per dubbi legittimi
A proposito della vaccinazione di massa, proposta come unica soluzione alla pandemia, e in particolare alla sicurezza dei tre vaccini, usciti vincitori in tempi record nella gara commerciale fra le case farmaceutiche, vorrei leggeste l’opinione di Peter Doshi, in questo articolo, pubblicato della prestigiosa rivista scientifica British Medical Journal.
L’autore, con piglio scientifico e non certo sedizioso, sostiene che i dati riguardanti i vaccini, panacea di salvezza da Covid-19, sono insufficienti, poco trasparenti e perfino occultati da parte dei produttori; paventando l’ipotesi di possibili effetti collaterali più gravi del virus.
Non so cosa ne pensate della pandemia. Per quanto mi riguarda, i dubbi aumentano con l’aumentare delle certezze divulgate dall’informazione mainstream e delle limitazioni che ci impongono le istituzioni. Le rispetto, ma trovo imbarazzante la negazione delle evidenze e dei rischi che ogni soluzione proposta porta con sé.
A volte mi sento tagliato fuori dal contesto su questa faccenda dell’emergenza sanitaria. Pare che esprimere dubbi sia considerato dai più come un atteggiamento eversivo, ingiustamente etichettato con termini che non fanno onore all’intelligenza di chi li esprime.
Come molti in questo periodo, mi sono reso conto di essere impotente e penso continuamente a una strategia da adottare ora per affrontare il futuro. Per attuare strategie però ho bisogno di avvicinarmi il più possibile a una verità che latita nel marasma della ridondanza mediatica.
Pare avverarsi quello che scriveva Aldous Huxley (autore de Il mondo nuovo) circa la comunicazione di massa che
“non dà al pubblico né il vero né il falso, ma semmai l’irreale, ciò che, più o meno, non significa nulla”
e in questo periodo distribuisce semmai semi di profondi stati d’ansia e paure diffuse.
Ho bisogno d’informazioni chiare e non di persuasioni, di confronto e non di censura, di rispetto e non di uniformità.
Eremiti da condominio
La gestione sommaria e dilettantesca della pandemia e l’involuzione liberticida alla quale sta andando incontro la società sembrano accelerare la genesi di una sottospecie di cittadino isolato.
Un individuo abbandonato a se stesso la cui dignità si disperde nella penuria di momenti di tangibile soddisfazione a discapito di lunghi periodi occupati da lavori sempre meno edificanti e passatempi monotoni e cognitivamente sterili.
L’eremita moderno è rinchiuso fra le quattro mura domestiche, isolato culturalmente e socialmente dal resto dell’umanità. E’ un essere umano sempre più solo, indotto a consumare prodotti di massa, fra i quali anche una rappresentazione digitale, personale e improbabile del mondo. Emarginato e solo davanti a uno schermo.
Gli ultimi pietosi rimasugli di esperienza collettiva saranno stati i canti alle finestre del primo lockdown? Ora tutto tace e gli inni sono spariti durante la seconda ondata, forse a causa del senso di disfatta e di rassegnazione che sedimenta nei nostri cuori affaticati.
Possiamo anche non ammetterlo a parole nemmeno con noi stessi, ma nel profondo sappiamo per certo che non torneremo alla stessa vita di prima della pandemia.
Günther Anders, filosofo e scrittore di fine secolo scorso, aveva profetizzato questa situazione coniando il termine eremita di massa. Immaginava un futuro nel quale gli individui, sempre più simili fra loro e impegnati a succhiare dal seno del sistema, si sarebbero trovati a essere gestiti da esso proprio come mansueti e manipolabili eremiti distaccati da una coscienza di gruppo o più precisamente di popolo.
Nel suo libro, L’uomo antiquato scritto del 1956, Anders spiega come
Nei fatti ci stiamo accorgendo che i prodotti godono di una libertà (di circolazione, di reperibilità, nel penetrare le menti) sempre più evidente a discapito degli individui che sono sempre meno liberi.
Merci e mezzi di comunicazione ricevono una progressiva efficacia nel determinare le nostre scelte e come scrive Galimberti
“non saranno certi mezzi onnipotenti capaci di mettere in comunicazione milioni di solitudini e fare di tutti i solitari, privati proprio dai mezzi di comunicazione della possibilità di fare un’esperienza condivisa, gli abitanti di un mondo comune.”
Ancora una volta i fatti confermano questi assunti inquietanti e così apparentemente filosofici.
Di fatto, lo stato Italiano non si preoccupa insieme agli altri paesi europei, di garantire una concorrenza leale nei confronti del piccolo commercio e un equo pagamento delle tasse a livello nazionale da parte colossi del web. (il sole 24 ore). Al contrario forse si accorderà con loro, i grandi del digitale (Google, Facebook, Amazon, ecc), per cercare gli evasori fiscali fra i cittadini.
Non si cercano i soldi da chi ne muove quantità imbarazzanti. Si cercano dai piccoli, che con mezzi limitati si trovano a essere sempre più vittime di un’economia massificata e sempre meno accessibile da protagonisti.
Si costruiscono eremiti dal punto di vista sociale ma si controllano tutti i movimenti all’interno dei loro eremi. Nulla deve sfuggire. Tutto deve passare dentro l’occhio ipermetrope dello stato-fratello.
Fino ad oggi la figura dell’eremita classico era legata a una forte scelta di vita. Chi s’isolava esprimeva con forza e spesso con coraggio una scelta derivante da ragioni mistiche o di rifiuto della società. Oggi i moderni eremiti da condominio (nei quali ci possiamo tutti riconoscere) subiscono la propria distopica condizione in maniera inconsapevole.
L’illusione dell’individualità
Il conformismo indotto dalla modernità si nasconde dietro l’illusione dell’unicità. Solo un’individualità, percepita e irreale, consente l’adattamento a una società alla quale nessuno dovrebbe adattarsi se fosse pienamente cosciente della propria umanità.
E’ per questo che in una delle manifestazioni intitolate No Paura Days, organizzate in questi giorni a Cesena, in piazza della libertà, (il nome del luogo avrà pur una ragione), per ascoltare idee diverse, non dico giuste, semplicemente differenti da quelle che ci sono costantemente propinate, c’erano veramente poche persone.
La coscienza divergente di piccoli gruppi genera inquietudine ai gestori del potere e forse anche agli individui.
A occhio e croce in una di queste manifestazioni ho contato più forze dell’ordine che partecipanti.
Che cosa si può trarre da ciò?
- Forse suscitare domande al di fuori dal gregge preoccupa chi ha il compito di alimentarla la paura?
- Significa che essere curiosi e diffidenti rischia di essere considerato una specie di crimine?
- Dobbiamo angustiarci nel provare pulsioni divergenti al posto di comportamenti ossequiosi e timorosi?
- Sarà che il sacrificio di libertà e dignità, dell’uomo e della donna, a favore della sopravvivenza di un sistema in crisi (di risorse e di valori) abbia acceso i motori verso un futuro in cui la biocrazia occuperà il posto della democrazia?
La risposta la sto ancora cercando. E se un giorno la dovessi trovare sotto forma di eremo in mezzo ai boschi, vorrei che fosse di stampo classico:
- ritorno alla semplicità
- autosufficienza
- contatto concreto e artigianale con gli oggetti di uso comune
- minimalismo
- rapporto diretto e più intenso con la natura
- e valorizzazione delle relazioni.
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